Molesini Editore Venezia
La bellezza non è il capriccio di un semidio ma il colpo d’occhio rapace di un falegname.
Osip Mandel’štam
La casa editrice veneziana nasce dall’esigenza di rivitalizzare il ruolo della poesia, e della riflessione sulla poesia, nella vita letteraria italiana. La poesia, dice Wallace Stevens, è l’indefinibile gesto sapienziale di una minoranza consapevole, ed è il frutto del caparbio, micidiale intervento dell’immaginazione: in ogni uomo, in ogni brandello di vita, l’immaginazione celebra uno scontro rituale con la realtà, ed è proprio l’immaginazione che, grazie a questo duello, ci consente di attraversare le spigolose durezze della res senza esserne umiliati e travolti: “È il potere della mente sulla potenzialità delle cose”. Una poesia altro non è se non “l’immaginazione che si manifesta nel dominare le parole”. E un tratto specifico dell’immaginazione è la nobiltà, indefinibile quanto il canto, fatta di vibrazioni, di movimento, metamorfosi. La nobiltà è l’oggetto del desiderio dei poeti, che la cercano dovunque posino lo sguardo, nei più vicini come nei più remoti anfratti del reale, nell’animo più vile e crudele come in quello più audace e generoso, con devota curiosità, “certi della sua oscura esistenza”.
La poesia intesa come fonte di pensiero e come scrigno per custodirlo. Luogo di incanto e supremo vigore verbale, dove l’orecchio vive sovrano
Poesia è sintesi felice di senso e di suono, equilibrio generato dalla precisione espressiva, forza non priva di leggerezza, eleganza non priva di profondità di pensiero. Vitruvio: Firmitas (solidità); Utilitas (praticità); Venustas (bellezza). No ideas but in things: nessun pensiero dimora nella cittadella dell’intelletto senza essere passato per il setaccio dei cinque sensi. Cinque, certo, ma soprattutto due: vista e udito. Oggi, in seguito alla travolgente preponderanza dell’immagine in ogni momento della vita quotidiana, la parola sempre più viene relegata al ruolo di comprimaria, come avviene nel cinema, nella pubblicità, nella didattica. E quando l’orecchio cede alla vista troppo territorio il popolo dei parlanti si fa sordo, incapace di canto, e dunque schiavo. Perché è nella musica segreta di ogni lingua che si annida la ghianda di luce del pensiero, il solo luogo dove esiste libertà.
La poesia intesa come fonte di pensiero e come scrigno per custodirlo. Luogo di incanto e supremo vigore verbale, dove l’orecchio vive sovrano: che il suono calzi il senso e il senso il suono. Calzi e incarni. Dobbiamo ritrovare lo spirito della Commedia: di comitiva festante e di canto, dove ogni singolo verso è un abracadabra, e come tale è intraducibile.
Troppa letteratura dei nostri giorni si accontenta di sembrare tradotta. Mentre anche quella tradotta dovrebbe evitare di sembrare tale
Quando la poesia – il dire innervato di ritmo che genera pensiero/emozione – inaridisce, anche la prosa rischia di essere risucchiata nel baratro dell’improvvisazione e della banalità giornalistiche. Mandel’štam: “La bellezza non è il capriccio di un semidio ma il colpo d’occhio rapace di un falegname”. Confucio: “Se i concetti non sono giusti le opere non si compiono; se le opere non si compiono arte e morale non prosperano; se morale e arte non prosperano la giustizia non è precisa; se la giustizia non è precisa, il paese non sa dove poggiare: non si deve tollerare che le parole non siano in ordine”.