Lo sguardo smaliziato del poeta ci regala «una felicità di stelle»
Scelta, traduzione e cura di Gio Batta Bucciol
12,00 €
2024
Poesia
12,00 euro
Pagine 154 ISBN 979-12812-70-11-4
Con Heinrich Heine, il più grande autore di Lieder tedeschi accanto a Goethe, il credo estetico del romanticismo entra in crisi: il Lied si estenua e dissolve in una raffinata musicalità. Heine vive una frattura, il divario tra romanticismo e realismo e prima di vanificare con l’ironia il mondo romantico, lo rievoca, lo assapora ancora una volta mentre svanisce. Un elemento fortemente moderno, la tecnica, dà un colpo mortale alla natura romanticamente animata, per cui si rivela anacronistico rintracciare il «fiore azzurro» dei romantici, mentre una locomotiva attraversa il paesaggio illuminato di notte dalla luce a gas e non più dalla luna. Arrivato a Parigi, per Heine si impone un confronto tra la Francia, uscita dalla rivoluzione, e la Germania ancora irretita in un immobilismo illiberale senza libertà di stampa e di idee. Si assume, quindi, il compito di far conoscere la Francia ai tedeschi e la Germania ai francesi. In sottile polemica con Madame de Staël e il suo De l’Allemagne, stende i fondamentali scritti sul romanticismo tedesco e la storia della religione e della filosofia in Germania. Contrario alla visione ascetica della vita, Heine non nega lo spirito, ma reclama il superamento dell’inconciliabilità tra corpo e spirito, la fine della loro belligeranza. Nell’àmbito del pensiero tedesco individua un asse portante, rappresentato da Lutero, Lessing, Kant e Hegel. Il romanticismo tedesco non rientra in questa traiettoria innovatrice, anzi ne è la negazione: significa una fuga nel sogno, una rivalutazione della società feudale.
Il poeta a Parigi
Ventiquattr’ore devo attendere
per la suprema felicità che mi promette
il tuo dolce ammiccare con gli occhi,
il dolce sguardo di sottecchi.
Oh! La lingua è così povera,
e goffa cosa è la parola;
una volta pronunciata, vola
via lontana la bella farfalla.
Ma lo sguardo è infinito e rende
infinitamente vasto il tuo seno,
come un firmamento pieno
di una felicità di stelle.
Heinrich Heine (Düsseldorf 1797 – Parigi 1856) nasce in una famiglia ebraica non molto osservante. Il padre è un modesto commerciante, ma lo zio di Amburgo è un banchiere ricchissimo, una sorta di Rothschild anseatico. Nel 1816 viene inviato dallo zio per essere introdotto nei segreti del commercio e per darsi all’avvocatura. Si innamora della bella cugina Amalie: se l’avesse sposata avrebbe risolto i suoi problemi economici. Si laurea in legge e riceve il battesimo luterano per «avere il biglietto d’ingresso» nella buona società, ma non gli serve a molto e dopo vani tentativi di crearsi una solida posizione in Germania si trasferisce a Parigi, dove trova gioia di vivere e progressismo politico. È una penna tanto acuminata quanto temuta. Ha screzi con il pur ammirato Giacomo Meyerbeer e appoggia, malgrado delle riserve iniziali, la politica del juste milieu di Luigi Filippo; stringe amicizia con Hugo, Gautier, Dumas padre, George Sand e la principessa Belgioioso che lo chiama Enrico. Trascorre i suoi ultimi anni a letto, colpito da atrofia muscolare progressiva.
Gio Batta Bucciol (Oderzo 1940), ha insegnato letteratura tedesca all’Università di Verona, ha scritto su Friedrich Schiller, Wilhelm von Humboldt, sulla lirica del Vormärz e le tematiche della Junges Deutschland. Per questa casa editrice ha curato e tradotto Angelus Silesius e Michael Donhauser.
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