In tutto il libro Rainer sviluppa un’osservazione minuziosa ed esatta delle cose, degli animali, degli uomini, dei fenomeni naturali: un’osservazione che tenta di coglierne i soprassalti segreti, la verità più intima, il momento epifanico se non proprio teofanico. Oggetto di questa amorosa o spietata osservazione sono soprattutto i personaggi di cui abbonda il libro e ai quali sono dedicati talvolta dei veri e propri racconti in nuce. Sono personaggi storici o letterari (come Pilato, Belisario, Didone, La moglie di Lot), ma anche uomini e donne del presente, a cominciare dai famigliari più stretti: padre, madre, nonna, zia Mebel. La realtà è infatti per Rainer un immenso libro, un immenso manoscritto: le metafore tratte dalla scrittura sono in lui frequentissime e rinviano appunto all’idea che la vera poesia, la poesia assoluta per così dire, sta nelle cose. Ecco che un venditore di sementi e pistacchi «si accovaccia in un punto di domanda», che gli uccelli che si alzano in volo sono «schiere di penne, di emme, enne». Il compito del navigatore-poeta sarà allora quello di cercare di decifrare questo linguaggio della natura, semicancellato e muto per molti, forse per i più, e di tradurlo nella nostra lingua; sarà insomma quello di «tendere l’arco dello stile al semplice / dire di ogni giorno». Dal saggio introduttivo di Francesco Zambon
Zefiro zero
Battibecco di scafi contro i pali d’ormeggio.
Anche il mare ha qualcosa del riflesso
che unisce la lama alla luna, l’imbrunire
alla sunya. I babilonesi lasciavano nell’abaco
uno spazio vuoto. Sifr per gli arabi,
poi zefiro, e zero. Il vento, il numero.
Le rotte dimenticate delle navi perdute.
Guido Rainer (Alessandria d’Egitto 1964) discende da una famiglia di marinai. Il suo bisnonno, Guglielmo Rainer, è stato un contrammiraglio della Regia Marina italiana durante la Grande Guerra. Dopo essersi diplomato al liceo francese di Alessandria d’Egitto, dove la famiglia si era trasferita vent’anni prima per ragioni di lavoro, a 19 anni è «scappato di casa» per un dissidio di cui non ama parlare e si è stabilito in un’isola della laguna di Venezia dedicandosi alla pesca. Ora vive a Cefalonia, fa lo skipper e organizza crociere nelle acque dello Ionio e dell’Egeo. Nel tempo libero, quando non legge – «la cosa che mi piace di più» – frequenta balere. «Il mare, la poesia e il ballo sono tutta la mia vita».
Francesco Zambon (Venezia 1949) è professore emerito di Filologia romanza presso l’Università di Trento. Studioso di fama internazionale, ha indagato su numerosi aspetti della letteratura allegorica e religiosa del medioevo latino e romanzo (bestiari, mito del Graal, trovatori, eresia catara, mistica). Ha scritto inoltre su alcuni poeti italiani ed europei contemporanei. Con questa casa editrice ha pubblicato L’iride nel fango. L’anguilla di Eugenio Montale, tradotto Messaggio di Fernando Pessoa e L’altra metà del sogno mi appartiene di Alicia Gallienne.
Trento
Palazzo Paolo Prodi, Via Tommaso Gar 14
Apocalisse e poesia
Convegno internazionale SEMPER – Seminario permanente di poesia
Presentazione del volume I trovatori di Dante, a cura di Francesco Zambon, con un saggio di Claudia Di Fonzo
Bologna
Aula Prodi, Piazza San Giovanni in Monte 2
Un pomeriggio ricordando
Alfredo Rizzardi e Raffaele Cocchi
Bianca Tarozzi presenta la raccolta poetica di Alfredo Rizzardi Da una fessura di abbaino
TRIESTE
Libreria LOVAT, Viale XX Settembre, 20
Luigi Natale presenta la raccolta “Neve vento sassi”
Dialoga con l’autore Andrea Molesini
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